Onorevoli Deputati! - Il nostro Paese ha una notevole tradizione nel settore delle libere professioni e tuttora dispone di eccellenti professionisti nei vari campi ove l'apporto di cultura e saperi specialistici, di conoscenze tecniche, di capacità dell'intelletto e dell'ingegno costituiscono l'essenza del servizio professionale; analoga tradizione ha il sistema ordinistico, che comprende e racchiude buona parte delle libere professioni, un sistema predisposto a tutela dei propri iscritti nella tipicità e specificità del lavoro svolto. Ma in questo campo di attività con alto valore aggiunto si sono verificati fenomeni nuovi, fra loro connessi nell'ambito dell'integrazione europea e del mercato: la sempre più robusta presenza nel nostro territorio di studi professionali e di società di consulenza di altri Paesi, la marcata differenza quantitativa tra l'offerta globale di servizio da parte di professionisti italiani e la relativa domanda di una utenza sempre più orientata verso la qualità del servizio, la peculiare asimmetria informativa e la rilevanza dei costi sociali derivanti da prestazioni non adeguate. Si è dunque posto il problema di scelte innovative al fine di evitare nell'economia della conoscenza e dello sviluppo una dipendenza da professionalità straniere; anche il mondo dell'impresa, che deve misurarsi nei mercati internazionali, sottolinea la necessità di sviluppare servizi adeguati e in grado di assistere le aziende nella competizione globale.
      D'altra parte, l'Unione europea è intervenuta più volte ribadendo l'importanza del ruolo svolto dalle attività professionali, ma richiedendo nel contempo più circolazione e libertà nel mercato di tali servizi, più qualità e adeguata trasformazione dei vincoli nazionali disposti a favore degli organismi professionali in vincoli a favore della collettività degli utenti. L'ultimo intervento è del Parlamento europeo che, nello scorso ottobre, ha approvato una risoluzione in cui si sottolinea, come priorità fondamentale, l'esigenza del più ampio e agevole accesso dei consumatori al mercato dei servizi professionali, garantendo qualità e contenimento dei costi.
      Numerosi sono stati nelle legislature precedenti i progetti di legge per riformare il sistema delle libere professioni adeguandolo alle esigenze moderne, purtroppo senza un esito positivo sia per la difficoltà dei problemi che ne conseguono, sia per resistenze frapposte nel timore che la riforma portasse inevitabilmente alla soppressione degli ordini professionali. Il disegno di legge che il Governo oggi presenta tiene conto dell'ampia elaborazione scientifica sul tema e del nutrito dibattito politico che ha nel tempo arricchito la tematica, avendo cura di precisare che l'intervento è relativo unicamente alle professioni intellettuali e non anche a tutta la restante attività professionale che non può essere qualificata come tale; si pensi, ad esempio, a tutte le figure professionali enucleabili dall'articolo 29, comma 7, del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42. Ma, nel delineare una normativa-quadro per ordini e associazioni, la proposta si caratterizza per una ben precisa scelta: conferire ai contenitori socio-istituzionali delle professionalità, quali sono gli ordini, una fisionomia organizzativa e funzionale del tutto priva di connotati autoreferenziali o corporativi, cioè una identità completamente proiettata nell'interesse dell'utenza e del libero mercato, perché soltanto una nuova e moderna «ragion d'essere» può giustificare il proficuo mantenimento del sistema ordinistico, con il collaterale riconoscimento di associazioni professionali, sempre che rispondano ad interessi generali nella prospettiva dell'utenza.
      Sul piano della tecnica normativa, la legge delega risulta il meccanismo più idoneo perché consente di dettare una disciplina di base a carattere generale e

 

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uniforme, lasciando ai decreti delegati la regolamentazione specifica delle singole professionalità. Anche per l'esercizio in forma societaria è sembrato opportuno non ricorrere alla legislazione diretta, in quanto l'adozione di una disciplina-quadro appare pregiudiziale a regolamentazioni settoriali per i notevoli riflessi dell'una sulle altre. Si sottolinea, inoltre, che i princìpi e criteri direttivi di delega adottati sono molto rigorosi e articolati al fine di superare la preoccupazione - già espressa in varie sedi politiche - di un troppo ampio potere normativo lasciato al Governo in una materia così delicata.
      L'iniziativa merita alcune considerazioni quanto alla competenza dello Stato in rapporto all'articolo 117 della Costituzione.      
      L'idea di fondo che ispira il disegno di legge è soprattutto quella di realizzare «più circolazione e libertà nel mercato dei servizi professionali» con specifico riferimento alle professioni intellettuali; è, in altri termini, la garanzia della concorrenza nell'interesse di quanti di tali servizi si avvalgono. Inoltre, agli ordini si riconosce la qualità e la natura di enti pubblici non economici, sia pure con una nuova e moderna «ragion d'essere» che ne legittima le funzioni nell'attuale contesto socio-economico; si aggiunga che il disegno di legge contiene anche norme generali sulla formazione professionale, sull'esame di Stato e sul tirocinio in rapporto all'inserimento degli interessati nel sistema ordinistico. Ebbene, queste materie rientrano nell'ambito di legislazione esclusiva dello Stato, come dispone l'articolo 117, secondo comma, della Costituzione.
      È vero che il terzo comma di tale articolo comprende «le professioni» tra le materie di legislazione concorrente, ma il riferimento non può non circoscriversi ad attività professionali la cui disciplina può essere localizzabile nell'ambito regionale; viceversa, l'esercizio delle professioni intellettuali opera senza limiti territoriali. Per di più gli ordini non possono che essere enti nazionali a disciplina omogenea per l'esigenza di uniformità delle loro prerogative funzionali, a cominciare dal codice etico e dai livelli di qualità che devono assicurare per tutti i loro iscritti, ovunque essi esplichino la loro attività.
      Inoltre, tra le materie oggetto di riserva alla competenza statale esclusiva rientra, come si diceva, la disciplina dell'esame di Stato previsto per l'accesso alle professioni dall'articolo 33, quinto comma, della Costituzione, ed i relativi titoli di accesso.
      Passando ai singoli articoli di cui il disegno di legge si compone, l'articolo 1 detta le regole di adozione dei decreti delegati e dei regolamenti attuativi, individuando nel Ministro della giustizia il proponente e specificando con quali Ministri è necessario il concerto, cioè, oltre il Ministro competente in relazione alla specifica attività svolta dai professionisti, il Ministro dello sviluppo economico, il Ministro del lavoro e della previdenza sociale, il Ministro per le riforme e le innovazioni nella pubblica amministrazione, il Ministro per le politiche giovanili e le attività sportive, il Ministro per le politiche comunitarie, il Ministro per gli affari regionali e le autonomie locali, il Ministro dell'università e della ricerca e il Ministro della pubblica istruzione, che hanno interessi generali in coerenza con le finalità della disciplina; sono indicate, inoltre, le autorità da sentire preventivamente, ed è prevista l'acquisizione dei pareri delle Commissioni parlamentari competenti e della Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano. In questo modo si prevede una larga piattaforma di interventi e di stimoli per elaborare al meglio i provvedimenti di normazione diretta.
      Si è ritenuto opportuno indicare già nell'articolo 1 che la riforma non comporta spese per il bilancio dello Stato, in quanto il sistema ordinistico da sempre prevede che gli enti non ricevano contributi da parte dello Stato ma che procedano alla copertura di tutte le spese che debbano affrontare attraverso l'imposizione di contributi a carico degli iscritti.
      Al tempo stesso tale formula rende esplicito che l'eventuale attribuzione di nuovi compiti ad amministrazioni o ad enti
 

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pubblici comporta la necessità di individuare soluzioni che assicurino una invarianza di spesa, facendo sì che i servizi stessi siano assicurati con le risorse umane previste negli organici e con le risorse strumentali e finanziarie assicurate dalle leggi di bilancio.
      È ovvio che tale principio non può che essere rispettoso dell'autonomia universitaria e scolastica, implicando unicamente che le eventuali ulteriori attività debbano trovare copertura nei fondi assegnati o nei bilanci delle università, salva la facoltà di decidere in via autonoma in ordine alle scelte di allocazione delle risorse da parte di tali enti.
      L'articolo 2 introduce l'orditura essenziale dell'attività, comunque esercitata, nel contesto ordinistico o al di fuori, in forma individuale, associata o societaria. I criteri in proposito enunciati, se da un lato mirano a valorizzare le professioni intellettuali quali componenti essenziali dello sviluppo economico, dall'altro prospettano l'esigenza di contenimenti e di limiti numerici per gli enti pubblici non economici che costituiscono il sistema ordinistico, anche allo scopo di dare spazio ad iniziative di libera e spontanea aggregazione ove alcune professionalità possono trovare una collocazione più rispondente alla concorrenza nel mercato dei servizi. In questo contesto, l'articolo 2 fissa i princìpi e criteri direttivi generali a garanzia dell'esercizio professionale e cioè: la libertà di accesso alle professioni, salvo limiti per attività caratterizzate dal contestuale esercizio di funzioni pubbliche, ma conformemente ai princìpi di proporzionalità e di salvaguardia della concorrenza, nonché l'autonomia intellettuale e tecnica del professionista; la facilitazione delle condizioni d'ingresso per i giovani, salvo il livello e la qualità dei controlli per l'accesso; la libera autonomia di scelta da parte del cliente e la determinazione consensuale del corrispettivo; la tutela dell'utente anche per eventuali danni ingiusti mediante coperture assicurative; le condizioni della pubblicità relativa al servizio professionale; una corretta informazione del cliente per tutelarne l'affidamento; i limiti di compatibilità fra le prestazioni in regime di lavoro subordinato e determinate professioni.
      Al tempo stesso è stato previsto che l'esercizio della delega produca una riduzione degli ordini, albi e collegi attualmente esistenti e, al tempo stesso, favorisca la trasformazione in associazioni di cui all'articolo 8 di quelli tra loro per i quali non si rinvengano specifici interessi pubblici meritevoli di tutela che ne giustifichino la protrazione dell'attività.
      L'articolo 3, che insieme ad altre disposizioni si riferisce al settore delle professioni intellettuali denominate di «interesse generale», riguarda l'accesso e contiene numerose innovazioni nella logica di una idonea professionalità di base e dei meccanismi atti ad agevolare l'immissione di risorse-giovani, prevedendo espressamente il principio che il tirocinio, svolto presso i professionisti, debba essere remunerato in relazione all'impegno richiesto e all'apporto reso all'attività del professionista stesso. Si è ritenuto tuttavia di non indebolire i percorsi formativi per non depotenziare il bagaglio tecnico-culturale necessario a sostenere la concorrenza su livelli di sufficiente qualità; infatti, pur introducendo criteri di tirocinio differenziati, cioè anche all'estero o contemporaneamente all'ultima fase degli studi per il titolo professionale, si è rimarcata, ai fini dell'accesso, la conoscenza dei fondamenti tecnici, deontologici e pratici della professione, si è mantenuto l'esame di Stato per l'abilitazione a quelle professioni il cui esercizio può incidere su diritti costituzionalmente garantiti o riguardanti interessi generali meritevoli di specifica tutela e si è conservato il meccanismo del concorso per i casi di obbligatoria determinazione numerica, anche in rapporto alle cosiddette «attività riservate».
      È evidente, anche in questo caso, che le forme di tirocinio poste in essere da pubbliche amministrazioni devono essere svolte nell'ambito dei fondi disponibili in bilancio, essendo esclusa la possibilità che le stesse siano fonte di nuove spese.
      Per converso, i princìpi e criteri direttivi introducono nuove linee di disciplina
 

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concernenti la composizione delle commissioni esaminatrici, in modo da sottrarla alla prevalente competenza degli ordini e per garantire la terzietà degli esaminatori e l'oggettività delle valutazioni.
      Si è, inoltre, inteso ampliare l'area di tutela degli utenti prevedendo che i decreti delegati stabiliscano i casi di obbligatoria esistenza di forme di assicurazione dirette a garantire la possibilità reale di ottenere un risarcimento del danno.
      L'articolo 4 è dedicato alla struttura organizzativa e ai compiti degli attuali ordini, collegi e albi degli iscritti, sul presupposto - come si è detto - della diversa ragion d'essere rivolta alla tutela dell'utenza e del mercato dei servizi. Se ne prevede la riorganizzazione, anche mediante accorpamenti, ove possibili, e si dettano specifici criteri sulla composizione e sull'articolazione nazionale e locale, lasciando, poi, alla potestà statutaria di ciascun ente la definizione dell'assetto ritenuto più opportuno per perseguire le finalità individuate e per meglio svolgere i poteri attribuiti. Per la composizione organica degli ordini e dei collegi, ai quali è attribuita la rappresentanza istituzionale degli iscritti, si prevedono ipotesi di ineleggibilità e di incompatibilità quanto agli incarichi di gestione, si garantiscono la tutela delle minoranze, la temporaneità delle cariche e la limitata rinnovabilità, in modo da evitare centri di potere ed immobilismi non coerenti alle esigenze del mercato e alla dinamica domanda-offerta di servizi professionali. È stata, inoltre, introdotta la previsione di una specifica normativa transitoria diretta a consentire una sollecita applicazione delle nuove disposizioni e, al tempo stesso, la possibilità di procedere in modo ordinato alle procedure per il rinnovo delle stesse. Quanto ai compiti, il disegno di legge conferma la potestà statutaria e la relativa autonomia, ma prevede che all'interno dei propri statuti gli ordini curino la qualificazione e l'aggiornamento professionali degli iscritti, l'adozione di codici deontologici nazionali, l'informativa al pubblico delle regole e dei metodi di prestazione dell'attività, il controllo sugli iscritti e sulla qualità dell'offerta, e garantiscano un consistente aiuto ai giovani che vogliano accedere alla professione, destinando a questo compito parte delle risorse degli enti, e una concreta e fattiva assistenza a quanti nella professione muovono i primi passi.
      Altri princìpi e criteri direttivi riguardano la formazione elettiva degli organi a livello nazionale e territoriale, l'individuazione dei casi di ineleggibilità, incompatibilità e decadenza nonché la temporaneità delle relative cariche e, infine, le ipotesi gravi ed eccezionali di scioglimento dei consigli territoriali e nazionali.
      L'articolo 5 realizza sul piano sistematico un raccordo con le competenze specifiche dei Ministri dell'università e della ricerca e della salute. Esso infatti, nel riconoscere al Ministro dell'università e della ricerca e al Ministro della salute, in relazione alle sole professioni sanitarie, l'iniziativa dei decreti delegati in materia di coordinamento tra le norme relative al conseguimento dei titoli di studio universitari con quelle relative all'accesso alle rispettive professioni anche ai fini del tirocinio, enuncia i princìpi e criteri direttivi per il coordinamento dei corsi e delle classi di laurea con l'esame di Stato e la successiva iscrizione ad ordini e collegi nonché per la possibilità di effettuare parte del tirocinio contemporaneamente all'ultima fase degli studi universitari o per istituire apposite sezioni di ordini e collegi, determinando l'ambito di attività professionale il cui esercizio è consentito a seguito dell'iscrizione in tali sezioni. Per quanto riguarda questo ultimo aspetto, è stata prevista la proposta del Ministro della salute, di concerto con il Ministro dell'università e della ricerca e con il Ministro della giustizia, in relazione alle professioni sanitarie
      È stato ribadito, tra i criteri di delega per gli emanandi decreti legislativi, che debba essere rispettata l'inesistenza di nuovi ed ulteriori oneri a carico del bilancio dello Stato, anche attraverso l'espresso richiamo all'articolo 1, comma 4.
      L'articolo 6 realizza, invece, sul piano sistematico un raccordo con le competenze specifiche del Ministro della pubblica
 

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istruzione. Esso infatti, nel riconoscere al Ministro della pubblica istruzione l'iniziativa dei decreti delegati in materia di coordinamento tra le norme relative al conseguimento dei titoli di studio a livello di scuola secondaria superiore con quelle relative all'accesso alle rispettive professioni anche ai fini del tirocinio, enuncia i princìpi e criteri direttivi per l'organizzazione dei corsi scolastici ai fini del coordinamento con l'esame di Stato e della successiva iscrizione ad ordini e collegi, nonché per la possibilità di effettuare parte del tirocinio contemporaneamente all'ultima fase degli studi scolastici. L'iniziativa compete altresì al Ministro della pubblica istruzione, di concerto con il Ministro della giustizia, per i decreti delegati diretti ad istituire apposite sezioni di ordini, albi e collegi, determinando l'ambito di attività professionale il cui esercizio è consentito a seguito dell'iscrizione in tali sezioni.
      È stato ribadito anche in questo caso, tra i criteri di delega per gli emanandi decreti legislativi, il principio che debba essere rispettata l'inesistenza di nuovi ed ulteriori oneri a carico del bilancio dello Stato, anche attraverso l'espresso richiamo all'articolo 1, comma 4.
      L'articolo 7 reca i princìpi e criteri direttivi generali in materia di codice deontologico e di regime disciplinare. Negli ultimi tempi si è manifestata una marcata attenzione per questi profili, che rappresentano, se adeguatamente soddisfatti, una condizione necessaria nel sistema della competitività per garantire in concreto prestazioni efficienti e corrette, senza un eccessivo costo individuale o gravose incidenze sugli standard di economia globale. Perciò la proposta che si formula è molto attenta nel delineare i princìpi cardine dei codici deontologici, da adottare a livello nazionale, rivolti a garantire tanto il cliente quanto gli interessi pubblici comunque coinvolti nell'esercizio della professione; analoga attenzione è dedicata ai princìpi di regolamentazione del procedimento disciplinare, dall'autorità che lo promuove alle modalità attuative, dalle fattispecie di illecito alle sanzioni applicabili e ai rimedi contro le decisioni. Fra l'altro si stabilisce che non vi può essere interdipendenza né sovrapposizione tra incarichi di gestione degli ordini e compiti nelle commissioni di disciplina.
      L'elaborazione culturale e legislativa che precede il presente intervento di riforma si era orientata nel riconoscere funzione e spazio operativo alle associazioni professionali, cioè a iniziative di libera e spontanea aggregazione rivolte alla tutela degli interessi professionali e al corrispondente riconoscimento pubblico; il testo che si propone recepisce l'indirizzo, definito «sistema duale», ma lo coordina nell'articolo 8 con le scelte di politica legislativa cui la riforma si ispira nella sua complessiva architettura. Le associazioni cui si riferisce l'articolo 8 non sono quelle dirette all'esercizio in comune dell'attività professionale, che costituiscono forme di prestazioni rese in modo associato e che già sono ammesse nella libera autonomia del servizio professionale, bensì organismi nei quali si riconoscono, per la tutela della propria identità e specificità, ampie aree professionali, talvolta portatrici di attività emergenti e di forte dinamica nel tessuto sociale. L'obiettivo di tali associazioni è soprattutto quello di dare evidenza pubblica ai requisiti professionali dei propri iscritti; perciò chiedono, attraverso un riconoscimento amministrativo, una legittimazione socio-economica della loro funzione nel mercato dei servizi professionali e postulano che gli associati svolgano una attività professionale omogenea. Ora, poiché tra le finalità di queste associazioni vi è pure il rilascio dell'attestato di competenza relativo alle qualifiche tecnico-professionali dei propri iscritti e alle relative specializzazioni, per l'inserimento in un apposito registro ministeriale che soddisfi quella evidenza pubblica è necessario richiedere ben precise condizioni, concernenti sia l'ambito operativo della platea degli associati sia i compiti svolti e da svolgere nei confronti degli stessi. Il testo si fa carico di tali esigenze e, nel dettare princìpi e criteri direttivi, stabilisce che per l'iscrizione in un registro, articolato in due sezioni, una tenuta dal Ministero della
 

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giustizia e l'altra dal Ministero della salute per le sole associazioni relative a professioni sanitarie, le associazioni devono esistere da un certo numero di anni, comunque non inferiore a quattro, al fine di garantirne la credibilità, avere un'ampia diffusione sul territorio e riguardare attività suscettibili di incidere su diritti costituzionalmente garantiti o su interessi che per il loro radicamento nel tessuto socio-economico comportino l'esigenza di tutelare la relativa utenza. Ma non basta: occorre pure che abbiano, nella struttura organica e nella gestione, un assetto trasparente e ispirato alla dialettica democratica, e che adempiano efficacemente a compiti di verifica della professionalità dei propri associati, di aggiornamento professionale e di adesione a regole deontologiche. D'altronde solo così si può riconoscere la capacità di rilasciare attestati di competenza, che perciò vanno emessi sulla base di elementi direttamente acquisiti dall'organismo associativo; in ogni caso, tali attestati non possono non avere un limite temporaneo di durata.
      Anche in questo caso il richiamo operato all'articolo 1, comma 4, intende ribadire che la nuova attività dovrà essere assicurata dalle amministrazioni attraverso le risorse umane, strumentali e finanziarie previste dalle norme vigenti, essendo previsto il divieto di maggiori spese.
      In conclusione, se è vero che la disciplina delle associazioni professionali si avvicina a quella degli ordini, è altrettanto vero che tra esse e gli ordini vi sono differenze sostanziali: i primi rappresentano quasi articolazioni dei pubblici poteri per i compiti cui devono adempiere nell'interesse pubblico e sono, per gli esercenti determinate attività riservate, professioni ad iscrizione obbligatoria; mentre le associazioni derivano da libere iniziative, così come libera è la partecipazione ad esse; in secondo luogo, gli ordini hanno la rappresentanza istituzionale dei propri iscritti, mentre gli altri organismi hanno soltanto quella associativo-privatistica; in terzo luogo, gli ordini, nella rinnovata fisionomia, svolgono funzioni nel prevalente e diretto interesse dell'utenza, mentre le associazioni le svolgono nel prevalente interesse degli associati e solo indirettamente per l'utenza.
      I princìpi e criteri direttivi in tema di società tra professionisti sono contenuti nell'articolo 9, che reca orientamenti normativi specifici limitati alle professioni comprese nel sistema ordinistico. Questa scelta, che lascia per il resto all'autonomia privata l'opzione per uno dei tipi societari previsti dal codice civile, è imposta dall'esigenza di contenere la disciplina ad hoc e di favorire, viceversa, l'operatività a mezzo di società di capitali nei settori emergenti ove una dinamica imprenditoriale si rivela più adeguata alle esigenze del mercato dei servizi professionali.
      La nuova tipologia societaria richiede che vi possano partecipare soltanto iscritti ai relativi albi nonché, ma per le sole prestazioni tecniche e con partecipazione minoritaria, anche soggetti non professionisti; è comunque stabilita l'esclusione per le cosiddette «attività riservate». Il quadro normativo prevede una ben precisa ragione sociale e una idonea consistenza patrimoniale di cui disciplina i conferimenti, con circoscritto apporto di solo capitale qualificato dalla caratterizzazione di socio-professionista; individua in modo stringente il rapporto tra scelta del socio incaricato della prestazione e ipotesi in cui tale scelta non risulti effettuata dall'utente, precisando il regime di responsabilità; prevede l'iscrizione della società all'albo ordinistico e le conseguenze anche disciplinari.
      L'articolo 9 consente inoltre la costituzione di società multiprofessionali, indica le condizioni e i limiti di tale costituzione, ne prevede l'iscrizione agli albi relativi alle singole attività esercitate e disciplina gli effetti di un'eventuale cancellazione; adatta il regime di responsabilità alla tipologia multiprofessionale, anche in relazione al socio che esplica la prestazione, sia esso individuato o meno dal cliente; stabilisce gli effetti di un procedimento civile che coinvolga la società o il singolo socio e le reciproche possibilità di intervento e di difesa; fissa i criteri per i conferimenti nella società multiprofessionale,
 

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le caratteristiche e le condizioni; prevede la riserva delle cariche a soci professionisti in caso di partecipazione di non professionisti; disciplina le opzioni nelle ipotesi di morte, recesso o esclusione di un socio.
      Va sottolineato, infine, che il contenuto del disegno di legge è coerente alle linee stabilite, in tema di ordini, associazioni, tirocinio professionale e pubblicità, dalla citata risoluzione del Parlamento europeo dell'ottobre 2006; e va altresì sottolineato che per la redazione del testo ci si è avvalsi dell'anteriore elaborazione realizzata da precedenti Governi e nelle scorse legislature, e che essa è stata accompagnata da un'ampia consultazione di ordini, rappresentanze nazionali di associazioni, referenti scientifici e istituzionali (come il CENSIS e il Consiglio nazionale dell'economia e del lavoro), organismi sindacali e Confindustria. È dunque auspicabile che la convergenza realizzata in linea di massima possa finalmente tradursi in un corpo normativo idoneo a rispondere alle attese di tanti anni e alle non più eludibili esigenze del mercato europeo e della globalizzazione.
      Si ribadisce che dalla legge delega e dai decreti legislativi delegati non derivano nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato, e non si redige pertanto la relazione tecnica.
 

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